sabato 28 luglio 2007

"Bip" e ipocrisie


Ogni giorno, guardando la televisione, non posso non osservare l'ipocrisia che caratterizza il suo modo di comunicare. A parte le varie situation comedy dove il telespettatore viene indotto al sorriso da quei risolini fuori campo, ciò che mi appare veramente ipocrita sono i "bip" che la regia mette per mascherare quella che normalmente verrebbe definita "parolaccia". Quindi, il "porca puttana" non viene convertito in un bel "porca peripatética" che ci condurrebbe nel Peripato di aristoteliana memoria, ma diviene nel linguaggio corrente, "porca bip". Cosi dicasi, ad esempio, di "puttana Eva", che non viene convertito nel conseguenziale ed induttivo "cornuto Adamo" ma bensi in "bip Eva". Il bip diviene dunque la latrina linguistica delle nostre formali indecenze, il buco nero delle ipocrisie. "Che bip vuoi?", quando senti questa frase ti domandi subito cosa si sia voluto mascherare. Nel caso infatti il "bip" maschera molteplici equivalenze, ed ecco allora che la mente si sente autorizzata a percorrere tutte le probabilità che il caso ci propina. Nella frase infatti potrebbe entrarci: "cazzo", "madonna"..etc. A seconda delle latitudini territoriali, il bip cambia forma. Il problema è che se la frase fosse detta esplicitamente e senza bip, forse passerebbe quasi inosservata, ma dal momento in cui entra l'omissis, tu mentalmente sei indotto a ragionare sull'arcano. Cosi è successo che mio nipote Temino, di dieci anni, sentendo in una trasmissione tutti questi "bip", mosso dalla proverbiale curiosità che caratterizza tutti i bambini, iniziasse a chiedermi il perché di tutti quei bip. Voleva sapere cosa nascondessero. Alla tele sentì, tra le tante, "che bip vuoi?". "Zio cosa voleva dire quel bip?" - chiese. Dopo aver tergiversato un po', spazientito da tanta insistenza dissi: "Vabbé, lo dico pure io a volte, voleva dire che cazzo vuoi, contento!?". Purtroppo successe che mio nipote risentì ulteriormente la frase e, forse per una mal centratura del bip medesimo, tra il "che" e il "vuoi" ebbe modo di udire "m...onna". "Zio! Zio! non ha detto cazzo, ha detto un'altra cosa, finisce per ..nna". E fu cosi che mio nipote, grazie al potere ipocritamente pedagogico di quel "bip", dando sfogo alla sua fervida fantasia, quel giorno mi svuotò tutta la latrina linguistica sul muso. Mia moglie svenne. Ora dovrò trovare un ulteriore omissis che mi mascheri quell'indecente "bip", sinonimo delle peggiori nefandezze che la nostra cultura perbenista ci ha insegnato. Chiedo dunque una mano a voi altri, ai lingiusti, ai dotti delle varie giurisdizioni, che fare?

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sabato 7 luglio 2007

Ballo in Fa# minore


Proprio ieri, chiacchierando con un'amica, prendendo a spunto questa bella canzone di Branduardi, mi vennero a mente alcune considerazioni sul Tempo e sulla Morte ad Esso connessa. "Sono Io la Morte e porto corona, io son di tutti Voi signora e padrona...". La Morte procede per linea retta, è connaturata al concetto lineare di Storia proprio del pensiero giudaico-cristiano. La Morte, nella sua accezione più propriamente medievale, rappresentata iconograficamente da una figura incappucciata di nero avanza lentamente mietendo vittime con la sua falce. Antropologicamente, la linea ha un carattere dirompente, persegue lo scopo fendendo, ed aprendosi un varco verso tutto ciò che si trova lungo il suo cammino. Il tempo lineare ha un inizio e una fine. La genesi giovannea inizia con l'incipit: "in principio fu il verbo" in cui con l'in principio si avvia il cammino di un tempo che, pare volersi allontanare da un contesto a-temporale. La morte persegue la Fine. Poi ad un tratto, nella canzone da me proposta, la morte viene invitata a danzare nel cerchio: "Sei l'ospite d'onore del ballo che per Te suoniamo, posa la falce e danza a tondo a tondo, il giro di una danza e poi un'altra ancora, e tu del tempo non sei più signora". Il cerchio esorcizza la morte, in esso non vi è inizio né fine, si che la morte in esso non ha senso alcuno. La linea distrugge nel perseguire uno scopo ben preciso, il cerchio cerca il Suo senso nel conflitto e nella negoziazione continua. Nelle culture selvagge, senza storia, esiste il mito dell'eterno ritorno. I cacciatori ripetono con dovizia di particolari le gesta dei primi cacciatori all'infinito, ri-attualizzando un momento passato. Il Mito, quindi, rifonda la Storia?

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domenica 1 luglio 2007

In-Formazia


Certo, da noi è difficile pensare a cose del genere, o meglio, è difficile pensare che vi possano essere persone con una loro propria personalità e, se esistono, le si mettono in condizione di non nuocere, poiché personalità e controllo sono antitetiche nei giochi del potere. Non è raro vedere giornalisti che, invece di informare, tentano di uni-formare, tras-formare i propri lettori dietro la conduzione di guerre a molti incomprensibili. L’imperativo spesso è, promuovere il lettore a disciplinato soldato di guerre d’altri. A volte versiamo lacrime di circostanza per le morti di una guerra voluta, sostenuta e supportata, altre volte, senza rendercene neppure conto, nutriamo un insalubre interesse sul vincitore dell’Isola dei Famosi, facendo passare in secondo piano tutte le vittime delle carneficine che gravano sul mondo. Questo succede anche perché, oggi soprattutto, non si ha più l’abitudine a pensare, ed allora impera il gossip sull’umano malcostume. Dico questo perché nella cornice delineata si stagliano figure strane, straniere. Una giornalista Americana, Mika Brzezinski, si rifiuta di aprire il Notiziario con una news che riguarda la ricca ereditiera Paris Hilton e la sua scarcerazione, anteponendo questo fatto alle morti in Iraq. La giornalista dice di non condividere questa linea editoriale ed in segno di disprezzo tenta di bruciare con un accendino il foglio che riporta il fatto, quindi, fermata nel gesto dal co-conduttore, riesce a gettare il foglio nel tritacarta. Credo che questo possa essere emblematico ed esemplare in una logica di formazione- in-formazione politicamente corretta ed in cui, come diceva il nostro Jovanotti ognuno dovrebbe cercare di.. "essere uomo prima di essere gente”.

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